Di madre nuda

“Eppure, se c’è una voce poetica che rasenta il ‘narcisismo zero’, è proprio quella di Simona Mancini. Qui la poesia si presenta come un tentativo di cura per ferite che ancora si fanno sentire, e intaccano la gioia e, con essa, una libera e piena – chiamiamola così – fruizione di sé. In una sinossi che accompagnava il manoscritto (non senza un certo stupore l’ho ricevuto come un dattiloscritto all’antica, per posta, senza che ci fossimo mai incontrati o altrimenti conosciuti, e senza nessun passo di preparazione), Simona Mancini scrive: «La poesia è la parte di noi che non sa stare al mondo. Quella azzoppata alla nascita. Scampata alla rupe. Così mi muovo nell’universo delle parole come se fosse la sola dimensione possibile dell’esistere». E subito aggiunge: «A dettare il ritmo sono infinite rime che mi piovono addosso impreviste».” (Alessandro Fo)